comunicare per non finire nella…

campagnaprovinciafirenze.jpg

“Ogni domanda alla quale si possa dare una risposta ragionevole è lecita.” ( Konrad Lorenz )

La Provincia di Firenze ha avviato una campagna di comunicazione finalizzata ad informare e sensibilizzare i cittadini sul tema dei rifiuti e sulla necessità di rafforzare gli impianti di termovalorizzazione presenti sul territorio.

La campagna si avvale di manifesti – comparsi in città a partire dallo scorso 15 novembre – e attinge alla strategia del fears approach, particolarmente frequentata dalla comunicazione pubblica: si tratta di prospettare una situazione critica che solo l’ adozione di un certo comportamento può evitare.

Ciò che caratterizza la campagna è l’ uso originale e spiazzante delle parole-chiave connesse al tema dei rifiuti ed il doppio binario su cui si articola la comunicazione.

“Problema: se ogni famiglia produce 5,7 kg di rifiuti al giorno e solo il 50% è riciclabile, tra quanto tempo saremo nella cacca?” recita il primo cartello che rimarrà affisso fino al 30 Novembre.

“Termovalorizzatore: meno rifiuti, più energia. Dedicato ai nostri figli” sarà invece la scritta che comparirà dall’ 1 al 15 Dicembre, includendo la risposta alla domanda precedentemente posta.

Ed ancora: “Ogni giorno dobbiamo smaltire 1.541 tonnellate di immondizia. Ne parliamo o ti rifiuti?” dice il manifesto pronto per il periodo che va dal 15 al 30 Gennaio mentre dal 15 al 29 febbraio 2008 si potrà leggere sui muri della città la scritta “Termovalorizzatore e 24mila alberi in 20 ettari. Abbiamo deciso di decidere”.

La campagna mi piace, usa un linguaggio non banale e dimostra il tentativo della Provincia di coinvolgere il cittadino nella lotta ai rifiuti, in primis attraverso la condivisione di dati ed informazioni: già, ma questi dati e queste informazioni sono attendibili?

Non voglio scivolare nel dibattito politico ma per una corretta interpretazione di questa campagna credo sia necessario riportare le dichiarazioni di quanti vi hanno mosso dure critiche e non mi riferisco solo all’ opposizione: “Siamo nella cacca, dice Renzi? E’ vero e le colpe sono tutte delle amministrazioni di centro sinistra succedutesi negli anni. L’utilizzo di questa campagna che usa strumenti provocatori e forti, ci pare quindi inefficace dal punto di vista sostanziale, e utile soltanto come tentativo volto ad alleggerire l’amministrazione di responsabilità proprie e diventate più grandi del previsto, scaricandole sui cittadini” hanno detto i consiglieri provinciali di An Nicola Nascosti e Guido Sensi.

Ad avvallo delle loro critiche, il triste primato che la Toscana ha nella classifica delle Regioni italiane stando a produzione di rifiuti e la parole di Guido Scoccianti, Presidente della Sezione regionale Toscana del WWF, che dice “Il Presidente della Provincia di Firenze ha utilizzato soldi pubblici per diffondere una pubblicità falsa ed ingannevole alla cittadinanza. Siamo davanti a dati palesemente manipolati ad uso politico, per ingannare i cittadini.” (leggete qui per altre dichiarazioni con nuovi dati che ridimensionano le “colpe” dei cittadini).

Sulla base di questi elementi mi chiedo pertanto: quella pensata e voluta dalla Provincia di Firenze è una comunicazione che si ispira ad un ideale di inclusività o è la solita, vecchia comunicazione piegata a finalità di propaganda?

Voi che ne pensate?

SimoDG

8 Risposte to “comunicare per non finire nella…”


  1. 1 Luca Taddei martedì, 20 novembre , 2007 alle 10:51 PM

    La campagna è sicuramente interessante, anche se secondo me pecca un po’ di stile e di originalità: è troppo facile fare un collegamento fra i rifiuti e la “cacca”. Potevano fare di meglio. Comunque non è male “ne parliamo o ti rifiuti?”
    Per il resto, non so chi ha ragione, bisognerebbe esserci stati dietro a questa questione per poter azzardare un giudizio.

    L.T.

  2. 2 simone mercoledì, 21 novembre , 2007 alle 8:11 am

    Hai ragione, credo che non sapremo mai se questi dati sono veritieri o meno…anche se, come scritto, é proprio
    l’ attendibilità o meno di questi dati – su cui fa perno la campagna – che smuoverebbe l’ ago della bilancia: condivisione o manipolazione?
    Per il resto a me piace, certo come dici tu é facile giocare con queste parole ma…finora non era cmq stato fatto!
    E sicuramente la campagna ha evitato quel rischio di banalità che la comunicazione pubblica facilmente incontra: questi manifesti saltano subito all’ occhio ed hanno saputo dar vita ad interessanti discussioni.

  3. 3 Giulio mercoledì, 21 novembre , 2007 alle 9:00 am

    Ne penso che questi tipi di pubblicità sono mezzi inefficaci per cambiare i costumi.
    Sono i genitori e la scuola che devono agire non i cartelli stradali.
    Per cui dico : son soldi buttati.
    Ma sarei felice di essere smentito in questo mio giudizio
    ciao simone
    giulio

  4. 4 Dana06 mercoledì, 21 novembre , 2007 alle 11:04 am

    Indipendentemente o meno dalla gravità della situazione e quindi dalla veridicità delle denunce portate avanti dalla campagna, su cui non ho la competenza per metter bocca, non posso negare che la trovo veramente simpatica!! Anche a me piace il linguaggio che ha usato! Certo…non le darei il premio per l’originalità metaforica…ma certi slogan sono veramenti azzeccati! Bacio;-)

  5. 5 simone mercoledì, 21 novembre , 2007 alle 3:52 PM

    Ciao Giulio!
    Hai ragione sul fatto che non c’ é automatismo tra comunicazione e cambiamento di abitudini ed anche qualora il cambiamento vi sia sarebbe difficile individuare i meriti della campagna.
    Ma io credo che se non c’ é un automatismo questo non significa che la comunicazione é inutile poichè le abitudini, i comportamenti della gente, il modo di fare, sono fatti culturali ed in quanto tali mutano con difficoltà e tanta, tanta lentezza.
    Proprio per il fatto che i cambiamenti culturali sono qualcosa di lento e di complesso, quando un soggetto pubblico avvia una campagna di comunicazione come può essere questa, gli obiettivi sono molteplici e non riducibili al cambiamento del modus vivendi.
    Quali sono questi obiettivi? Informare, per esempio, ma anche sensibilizzare, condividere problemi, creare partecipazione, diffondere responsabilità.
    E il fatto che i cittadini siano informati su ciò che accade intorno a loro, sensibili alle principali tematiche, attivi e responsabili…beh é qualcosa di grosso, di molto importante, direi fondamentale per la qualità e la salute di una società.
    Per proseguire la discussione sull’ utilità o meno della campagne di comunicazione sociale, torno a ribadire – come già ho fatto tra i commenti del precedente post di Luca – che “responsabilità”, “informazione”, “partecipazione”, sono tutte dimensioni su cui la comunicazione – quando é strategica – sa agire, ne sa incrementare la presenza. E credo che questo sia innegabile.
    Come credo che rispetto a un tema controverso come questo, la giusta informazione e le altre dimensioni citate siano il presupposto per iniziare a modificare le proprie abitudini, sono la molla: ma a quel punto sta al singolo cittadino decidere se far finta di niente oppure darsi da fare, nel suo piccolo ma impegnandosi.
    Dunque diciamo che la comunicazione – informando, sensibilizzando e esortando a partecipare – mette il cittadino nelle condizioni di muoversi, di adoperarsi per il bene comune: a quel punto poi é determinante la motivazione individuale e, come dici tu, il tipo di educazione ed il tipo di approccio alla vita trasmessogli da genitori, scuola, esperiene, etc.
    Un saluto alla prossima!

    @ dana: già, mi piace pure a me il linguaggio usato perchè sa rivolgersi ai cittadini ed anche alle famiglie in modo diretto e schietto ma senza essere volgare!

  6. 6 MAtt lunedì, 26 novembre , 2007 alle 4:36 PM

    Ciao Simone e Luca,

    ottimo post su cui riflettere.

    Vorrei dire che se c’è una cosa altamente imprevedibile è il risultato della pubblicità. Se notate il nostro modo di concepire il mondo è assolutamente conformato su ciò a cui siamo esposti più massicciamente. E’ difficile ammetterlo perchè siamo osservatori interni, ma è la verità. Poi possiamo decidere, riflettendoci su, di cambiare visione delle cose, ma fintanto che assorbiamo passivamente, la situazione è questa.

    La campagna in questione, non è male anche se per motivi scientifici non concordo affatto sull’esaltazione dei termovalorizzatori come soluzione del problema (ne creano altri di ben più negativi), avrei invece puntato sull’azzeramento dei rifiuti, concetto su cui si poteva giocare in infiniti e più modi!

    Però la campagna in sè non è male, attira l’attenzione, e fa riflettere su un problema, ma ripeto la soluzione va cercata a monte…

  7. 7 simone lunedì, 26 novembre , 2007 alle 7:14 PM

    @ MAtt:
    “Se notate il nostro modo di concepire il mondo è assolutamente conformato su ciò a cui siamo esposti più massicciamente”, é una frase che mi piace molto perchè coglie una dinamica fondamentale della vita “postmoderna”: la nostra visione del mondo e delle cose é influenzata
    – talvolta in misura minora, talatra in misura maggiore, a seconda del grado di esperienza – da ciò che i media ci dicono e raccontano.
    Nel nostro caso, dato il livello di tecnicità del tema, una campagna di comunicazione ha importanti responsabilità nel processo di costruzione delle opinioni pubbliche ed é per questo che ho insistito particolarmente sulla natura dei dati e delle informazioni propinate.
    Mi informerò su questi dati ma nel frattempo ribadisco – come te – l’ originalità di questa campagna!
    Sono inoltre assolutamente d’ accordo sul fatto che il termovalorizzatore non é l’ unica soluzioone al problema dei rifiuti..


  1. 1 Toscani, il Natale e le magliette « ilcomunicatore Trackback su giovedì, 6 dicembre , 2007 alle 11:42 PM

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